Angelo Melchiorri
12 agosto 1960 - 9 marzo 2005

Angelo Melchiorri, di lui possiamo dire di essere stato uno dei pionieri del gruppo, sempre pronto, sempre disponibile, bravo col megafono.
Anche lui un amico, in un gruppo di amici che stava crescendo, giorno dopo giorno, sempre di più verso la storia.  

Anno 1977…

Ciao, te sei Angelo? Si, ciao…
Ma ‘ndo li pijate i fumoni? Devi annà ai negozi de nautica… Si, ma dove? Cerca!
Questo fu il primo dialogo che ebbi con la persona che poi sarebbe diventata speciale nella mia vita, il mio amico del Cuore, la persona che cinque anni fa si è portato via con se tutti i miei e i nostri segreti. Un amico in comune mi ha detto: penso che tu sia la persona più indicata, visto il rapporto che vi ha legati per tanti anni, a scrivere qualcosa su di lui… la cosa mi onora e ci provo.
Stiamo parlando di Angelo Melchiorri, così si chiamava e così, a differenza di tanti altri che avevano soprannomi, era conosciuto tra noi, nel gruppo e in Curva, un ragazzo un po’ chiuso, schivo e a volte scontroso, ma con dentro un cuore che chi ha avuto la fortuna di conoscerlo sa che era grande. All’epoca eravamo ragazzi di 17/18 anni, anni spensierati nei quali ci siamo divertiti tantissimo, e dei quali non cambierei una virgola, si stava 7 giorni su 7 insieme uniti dalla grande fede Giallorossa.
Parlare di lui come tifoso o capo tifoso, fate voi, mi resta un po’ difficile perché vivevamo insieme le stesse emozioni e per me era semplicemente Angelo, anche quando megafono in mano trascinava la curva facendo partire i cori e incitando, a volte anche con modi bruschi, chi in quel momento non dava il massimo con le sue corde vocali.
A quel tempo era il cultore del famoso coro “oh oh oh oh … oh oh oh oh … forza forza la Roma… forza Roma alè”, si era fissato e ci aveva contagiato tutti fino a che in un Roma Milan la curva cominciò a seguirci con entusiasmo (forse erano esausti) ed arrivammo a far durare il coro per 23 minuti di seguito… abbracci, sciarpe che roteavano, i tamburi che continuavano incessanti la cadenza e lui sempre più galvanizzato che agitava il megafono cercando di coinvolgere sempre più gente e dando la carica a chi provava ad affievolirsi, stavamo stabilendo un record tutto nostro, far durare il più a lungo possibile un coro e nello stesso tempo incitare incessantemente la squadra.
In quegli anni molti ragazzi sono passati su quel muretto, ognuno con un suo compito, chi al tamburo, chi alle bandiere, chi con l’ecogas, e chi, come lui, al megafono.
Mi permetto di esprimere un parere del tutto personale, Angelo e altri due (non faccio nomi) avevano una marcia in più, un carisma che altri magari avevano in altre cose, ma li al megafono questi tre avevano quel qualcosa di diverso che riusciva a coinvolgere tutti, il coro giusto al momento giusto, il modo di caricare i ragazzi, insomma erano dei veri trascinatori.
Nel frattempo la nostra amicizia si consolidava sempre di più e venne il giorno in cui per questa amicizia mi presi la prima sbornia, come si deve, della mia vita. Era una giornata d’inizio estate, la sera era in programma la finale di Coppa Italia della Roma primavera allo stadio Olimpico, dove noi saremmo stati presenti come sempre, i colori erano quelli Giallorossi anche se della squadra primavera, nel pomeriggio andammo a Monte Verde dove lui aveva una ragazza, e con il classico viene un mio amico tu porta una tua amica andai anche io, poi ci dividemmo dandoci un orario per rivederci e andare allo stadio. All’appuntamento si presentò senza la ragazza, ma con in mano un boccione di vino rosso da due litri… “Mi ha lasciato e allora mi ubriaco.. anzi siamo amici e per cui.. ho capito risposi passami la boccia…” arrivammo allo stadio in condizioni pietose ed entrati, solo per quell’occasione, in tribuna tevere cominciò il dramma… si era fissato che doveva fare invasione e nessuno, ne tantomeno io, riusciva a fargli cambiare idea, la Roma vinse la Coppa, tutti a festeggiare e lui ancora li a voler fare invasione.
Trasferta a Firenze, stagione 1978/79, la mattina come sempre in quegli anni l’appuntamento era al Brancaccio, due nostri amici (Tzigano e Luca Manchester) si presentano vestiti da Alex il personaggio del film Arancia Meccanica, da li l’idea di arrivare tutti mascherati a Firenze, come fare? Alla prima sosta dei pullman ci riforniamo di trucchi per donna e così all’arrivo scendono cento persone in giacca mimetica (in quel periodo molti di noi la usavano) e pitturati in faccia da indiani. Cominciamo a camminare e nel vicino stadio per le squadre giovanili era in corso il derby toscano primavera Fiorentina – Livorno, cosa fanno i nostri cento? Nemmeno a dirlo si dirigono verso lo stadio e si mettono a fare il tifo per il Livorno, non c’era nessun gemellaggio era solo un modo per fare un dispetto, con la conseguente rosicata dei presenti e con le forze dell’ordine che cominciavano a intervenire. E lui? E Angelo? Indovinate un po’… era a cavalcioni sulla rete di recinzione che discuteva con un celerino che gli voleva impedire di fare la sua tanto amata “invasione”. Per la cronaca, dopo circa dieci minuti le forze dell’ordine cercavano 100 romanisti pitturati da indiani e tutti noi a lavarci il viso nei bar alle fontanelle o dove si potesse avere un po’ d’acqua. Anche lì scene da film, con Geppo che non trovando altro modo si stava lavando con l’acqua di una pozzanghera, comunque era acqua fresca aveva piovuto fino a poco prima .
Questi sono due dei tantissimi ricordi, di vita da stadio vissuta insieme, che mi porto dentro, tantissimi altri riguardano la vita di tutti i giorni, da quelli belli a quelli meno belli, eravamo sempre presenti nei momenti importanti e non dell’altro, per me era un punto fermo come lo ero io per lui sapevamo entrambi che in qualsiasi momento, qualsiasi orario, qualsiasi data, se c’era bisogno l’altro c’era.
In tutti quegli anni ne è passata di gente e con molti si è creato un rapporto che mai nulla potrà spezzare, uniti da un qualcosa vissuto insieme che è impossibile spiegare, ma che dentro ci fa sentire tutti fratelli, ecco si il termine giusto è fratelli e lui, Angelo, era per me il “fratello speciale” ed è con questa immagine che lo porterò sempre nel mio cuore.
Ora fa parte di quella curva che purtroppo per noi sta diventando sempre più numerosa, di quella curva che ci guarda dall’alto, se quando siete allo stadio e state intonando un coro, accendendo un fumone, sventolando una bandiera, guardate bene intorno sono lì al nostro fianco tutti sciarpa al collo e corde vocali sotto fatica… con Angelo al megafono che li incita, con Geppo che lo segue, con Coca Cola, Fausto che organizza tutto e tutti gli altri sempre li presenti ad incitare la Magica.
Ciao Angelo… ciao fratello mio...

Bob Rock

1978-79 Roma-Inter 1-1

 

Indietro